Letture autunnali (di romanzi di formazione, saghe canadesi, classici di rottura) #letture2023

La strada aveva molte curve, per cui raramente era possibile vedere oltre pochi metri avanti a sé; inoltre era bordata da alte siepi che impedivano di spaziare con lo sguardo oltre l’orizzonte. I due fratelli provarono una sensazione bizzarra: si sentivano come linfa nelle vene dell’estate e trasportavano l’energia che permetteva alla natura di sbocciare e fiorire. Superarono un uomo su un cavallo bianco che reggeva un cesto nell’incavo del gomito. Poi non incontrarono più nessuno. Le siepi erano un groviglio di agrifoglio e edera dalle foglie scintillanti come appena verniciate, e facevano da sfondo a una miriade di fiori primaverili e di inizio estate dai petali variopinti e palpitanti nella brezza: rose selvatiche rosa e bianche come cera, cardamine, veronica, le campanelle della digitale agitate dalle api che ne suggevano il nettare e, più sotto, fitti germogli di felce. Il terreno era rossiccio, e cambiava colore diventando più chiaro dove la strada scavalcava una collinetta, e più scuro in fondo alle discese. Il cielo, di un azzurro traslucido e con nuvole bianche in movimento che s’inarcavano, mutava senza sosta. Per un istante dava l’impressione di una placida prossimità, l’attimo dopo sembrava lontano e smisurato nel suo pallore dolente. passò un gruppo di storni e gettò un’ombra sulla strada lasciandosi dietro l’eco di un battito d’ali come il frangersi di un’onda estiva. 

Non scambiarono molto parole mentre camminavano. Eden indicava un punto o un particolare e si esprimeva con frasi spezzate, ma quando raggiunsero un varco nella siepe disse: ? Eccoci! Questo è il mio posto preferito. Se ti ho portato fin qui è perché mi piaci”.

La fortuna di Finch” di Mazo De La Roche (Fazi Editore, 2021, pagine 500 – traduzione di Sabina Terziani), è il terzo capitolo della saga di Jalna risalente al 1931- del primo scrivevo qui e del secondo qui. Continuo ad amare molto le avventure dei Whiteoak, evocative nelle ambientazioni (Canada, primi del ‘900) e piene di sana ironia. Il protagonista come si evince dal titolo stavolta è Finch, sensibile e tormentato, che già nel volume precedente avevo apprezzato e che all’avvicinarsi dei suoi vent’anni avrà responsabilità piacevoli fino ad un certo punto da dover gestire. L’evoluzione della sua storyline devo dire mi è piaciuta molto. I nostri protagonisti si muoveranno stavolta tra Londra e l’amata Jalna, che per tutti loro resta sempre il posto dove vivere e ritornare alla fine di qualunque giornata o avventura che sia. Non dirò molto altro per evitare ogni tipo di spoiler a chi non ha ancora letto i precedenti volumi ed intende farlo magari a breve. Perfetta lettura per chi come me ama le saghe familiari dal sapore retrò.

A “Teddy” di Jason Rekulak (Giunti, 2022, pagine 416 – traduzione di Roberto Serrai), thriller di cui si è parlato molto lo scorso anno sui social, ho deciso di avvicinarmi una volta svanito il polverone, come al mio solito. Devo dire che ha saputo in effetti stupirmi positivamente. Avevo proprio bisogno di una storia che mi tenesse incollata alle sue pagine e questo libro mi ha intrattenuta egregiamente. Mallory Quinn è una giovane ex atleta in riabilitazione, che viene assunta come babysitter di Teddy, un bambino molto dolce con una passione sfrenata per il disegno. I genitori hanno una bellissima casa con piscina immersa nella natura e a lei sembra tutto idilliaco, finché i disegni di Teddy diventano davvero troppo realistici e inquietanti per un bambino di cinque anni, che tra l’altro ha un’amica immaginaria di nome Anya, un pochino troppo invadente. Ben congegniato e tra i thriller migliori letti ultimamente, con un pizzico di paranormale e un colpo di scena che non avevo per niente visto arrivare. Suggerisco la lettura se come me gradite ogni tanto qualcosa del genere che sia però ben dosato e non troppo terrorizzante (anche se qualcuno del disegni di Teddy qualche brividino ve lo farà venire, credetemi).

Nell’anno del centenario della nascita di Italo Calvino, è uscito anche un romanzo per ragazzi che rende omaggio in maniera più che degna sia allo scrittore che a uno dei suoi protagonisti più iconici, Cosimo Piovasco di Rondò (ovvero il Barone rampante, della mia rilettura della versione a fumetti scrivevo qui). “In fuga col barone” di Stefano Tofani (Einaudi ragazzi, pagine 128) racconta di Giulia, dodici anni e un rapporto difficile con la lettura a differenza del padre che cerca di farle amare i classici e in particolare i libri di Calvino, che conosce personalmente e che per motivi di lavoro dovrà incontrare a Roccamare, buen retiro dello scrittore dove anche la famiglia passerà l’estate. Siamo infatti nel 1985, e l’estate è quella durante la quale Calvino sta scrivendo le sue Lezioni americane prima di andarsene per sempre, ma prima che questo avvenga molte altre cose succederanno. Tra i romanzi di formazione più belli che io abbia mai letto, e tra gli omaggi forse più perfetti al mio amato Italo. Consigliato e non solo ai ragazzi, ovviamente (io non lo sono più e mi sono emozionata molto). La citazione:

“Mi tengo il libro sul petto per un po’, aperto, che mi abbracci con tutte le sue pagine. Cullo quella dolcezza triste che mi ha invaso: per la storia, perché è il primo libro che ho letto, perché mi dispiace da matti che sia già finito. Sarai il mio segreto, Cosimo. Non dirò a nessuno che ti ho letto, che ti conosco e ti ammiro, che ti sento simile. Nessun poster barone, ti porterò nel cuore.”

In_fuga_col_barone

Resto nell’ambito dei romanzi per ragazzi con”Un chilo di piume un chilo di piombo” di Donatella Ziliotto (Edizioni Lapis, 2016, pagine 123), Premio Andersen 2016. La Ziliotto è stata una figura importantissima dell’editoria italiana non solo per l’infanzia, sua l’idea della collana Gli istrici Salani, e il merito di aver portato in Italia scrittrici come Astrid Lindgren e Tove Jansson, tra le altre (qui una bellissima intervista alla figlia). Le vicende della piccola Fiamma a Trieste ci vengono raccontate in forma di diario, negli anni che vanno dal 1941 al 1945 in parallelo tra l’evoluzione e poi la fine della guerra, e la sua formazione. E’ una protagonista fantasiosa e molto ironica ma oltre a lei ci sono tanti altri personaggi strambi e davvero indimenticabili. Nonostante tutto il piombo della guerra, Fiamma riesce infatti a farci percepire anche la leggerezza di chi spera in un domani migliore, che poi finalmente arriverà. Se avete amato “Ascolta il mio cuore” di Bianca Pitzorno sono certa che amerete anche questo romanzo adorabile (la Pitzorno non a caso ne firma anche l’interessantissima prefazione, ma lascio a voi scoprire tutti i collegamenti tra le due 🙂 ). Le illustrazioni di Grazia Nidasio sono la ciliegina sulla torta che arricchisce la storia e ce la fa immaginare al meglio.

Ho lasciato per ultimo “Il gruppo” di Mary McCarty (Minimum fax, 2019, pagine 522 – traduzione di Elena Dal Pra), che a lungo ha accompagnato le mie giornate da pendolare. Ritratto spietato di otto di ragazze – Kay, Dottie, Helena, Polly, Lakie, Priss, Pokey, Libby – compagne di corso nel prestigioso college femminile Vassar, negli anni appena successivi alla laurea nel 1933 tra gioie e tragedie. Scritto nel 1963 e annoverato tra i capolavori della narrativa americana contemporanea insieme a “Il meglio della vita” di Rona Jaffe” (ne scrivevo qui), è stato un importante testo di rottura; entrambi infatti raccontano un po’ le avventure se vogliamo di quelle che potrebbero essere le antenate di Carrie Bradshaw & co., tutte quelle ragazze che arrivavano a New York inseguendo un sogno americano di libertà economica e sessuale, venendone poi spesso deluse. Sono ragazze dell’Upper class nell’America di Roosevelt post Depressione, il cui gruppo è inizialmente come un unico organismo che pensa all’unisono per poi inevitabilmente cambiare a seconda delle problematiche che ciascuna di loro affronterà. Il focus si sposta a turno su di loro in maniera corale e circolare, esponendone le avventure familiari ma anche quelle erotiche con grande modernità. Tanti i temi trattati e in alcuni casi abbastanza spinosi per il contesto. Kay è quella che inevitabilmente rimane nel cuore, mentre il marito Harald si piazza tra i peggiori della letteratura. Scritto forse meglio rispetto al libro della Jaffe, devo dire però che i due hanno moltissimo in comune e che la lettura di entrambi è comunque imprescindibile, eccezion fatta per qualche episodio si tratta di un testo ancora abbastanza attuale sulla disillusione del sogno americano. Esaustiva la prefazione di Luca Briasco. Di Mary McCarthy leggerò certamente altro.

Così come per “Il meglio della vita“, anche da “Il gruppo” è stato tratto un film, nel 1966, per la regia di Sidney Lumet.

Buone letture, Claudia.

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